Attività non più esente Iva, al contribuente l’onere di informarsi

06.08.2025

La Corte di giustizia dell'Unione europea, con la sentenza del 1 agosto 2025, resa nella causa C-427/2023, ha stabilito che un'attività di gestione delle pratiche di rimborso dell'Iva che acquirenti non residenti nell'Unione europea hanno pagato al momento dell'acquisto di beni da essi successivamente trasportati al di fuori dell'Unione costituisce una prestazione di servizi distinta ed indipendente dalla cessione di beni esente corrispondente e deve, in quanto tale, essere assoggettata all'Iva.

Una società ungherese vendeva merci ad acquirenti non residenti nell'Ue in locali commerciali in prossimità della frontiera serbo-ungherese. Tali acquirenti esportavano il giorno stesso le merci acquistate in Ungheria e sulle fatture di pagamento in contanti figurava la dicitura «Iva assolta». Successivamente all'esportazione, la società rimborsava a detti acquirenti l'intero importo dell'Iva che figurava sulla fattura ed emetteva la relativa ricevuta di esborso, sulla quale figuravano le firme dell'emittente e del beneficiario. Per la gestione delle pratiche di rimborso dell'Iva la compagine fatturava a tali acquirenti non residenti Ue una commissione pari al 15% dell'Iva rimborsata. Il giorno del rimborso dell'Iva, la società emetteva, quindi, fatture per la commissione di gestione di tali pratiche, il cui pagamento, in contanti, era attestato da ricevute di incasso. Nelle sue dichiarazioni Iva, la società faceva figurare il prodotto di tale commissione di gestione delle pratiche come remunerazione di prestazioni esenti, informando gli acquirenti di detta prassi.

Nell'ambito di un controllo fiscale, la società sosteneva che le prestazioni di gestione delle pratiche di rimborso dell'Iva erano esenti da imposta, secondo la legge nazionale sull'Iva. L'autorità tributaria di primo grado, tuttavia, respingeva tutti i motivi di esenzione. Nel suo reclamo, la società criticava la decisione dell'autorità tributaria di primo grado ma la Direzione dei ricorsi confermava la pronuncia di prime cure. La società, quindi, proponeva ricorso dinanzi alla Corte ungherese di Seghedino.

Le questioni pregiudiziali

Ciò premesso, la Corte ungherese menzionata ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

  • se sia conforme all'articolo 1, paragrafo 2, all'articolo 2, paragrafo 1, lettera c), all'articolo 78 e all'articolo 146, paragrafo 1, lettera e), della direttiva Iva, la prassi di uno Stato membro che considera prestazione di servizi indipendente, distinta dalla cessione di beni esente dall'imposta, la gestione del rimborso dell'Iva ai viaggiatori stranieri, per cui l'Iva deve essere ripercossa e versata secondo le norme generali, in una situazione in cui la riscossione e la fatturazione della commissione di gestione, equivalente ad una percentuale dell'Iva da rimborsare, avvengono contemporaneamente al rimborso dell'Iva, in un momento diverso da quello della cessione e della fatturazione dei beni e successivo al pagamento da parte dell'acquirente del corrispettivo per i beni e alla loro partenza per un paese non appartenente all'Ue
  • in caso di risposta affermativa alla prima questione, se sia conforme all'articolo 135, paragrafo 1, lettera d), della direttiva Iva la prassi di uno Stato membro in forza della quale la commissione addebitata per la gestione del rimborso dell'Iva a seguito di una cessione di beni effettuata a favore di viaggiatori stranieri non è considerata esente dall'imposta in quanto «operazione relativa ai pagamenti o ai crediti»
  • in caso di risposta affermativa alla prima e alla seconda questione, se sia conforme al principio della tutela del legittimo affidamento, la prassi di uno Stato membro in forza della quale l'emittente delle fatture relative alla commissione di gestione è tenuto a versare l'Iva anche retroattivamente, sebbene l'Autorità tributaria lo abbia già controllato più volte negli anni precedenti l'ispezione e, nel corso di tali controlli, abbia verificato, ma senza sollevare obiezioni, la prassi dallo stesso seguita di considerare la commissione di gestione come esente da Iva e non lo abbia informato che era cambiata la normativa dello Stato membro in vigore fino al 31 dicembre 2007, la quale menzionava espressamente, tra i servizi esenti da imposta, il «rimborso dell'imposta a favore dei viaggiatori stranieri gestita dall'operatore in base a una specifica normativa»
  • in caso di risposta affermativa alle questioni dalla prima alla terza, se sia conforme alle disposizioni degli articoli 73 e 78 della direttiva Iva la prassi dell'autorità tributaria di uno Stato membro di considerare come base imponibile dell'Iva il corrispettivo che figura come esente nelle fatture emesse in relazione alla commissione di gestione, base imponibile sulla quale, conformemente alla decisione dell'autorità tributaria, l'emittente delle fatture deve pagare l'Iva secondo le norme generali, sebbene il corrispettivo pagato dai viaggiatori stranieri non comprenda tale importo.

La decisione degli eurogiudici

La Corte di giustizia premette che, ai fini Iva, ciascuna operazione deve normalmente essere considerata distinta ed indipendente ma, in talune circostanze, più prestazioni formalmente distinte, che potrebbero essere fornite separatamente e dar così luogo, separatamente, a imposizione o a esenzione, devono essere considerate come un'unica operazione quando non sono indipendenti (ad esempio, quando esiste una prestazione principale e una accessoria). Una prestazione è considerata accessoria quando costituisce per la clientela non già un fine a sé stante, bensì il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore.

Nel caso di specie, il servizio di gestione delle pratiche di rimborso dell'Iva fornito dalla società, per le sue caratteristiche, non può essere considerato così strettamente connesso alla cessione di beni da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale, anche atteso che l'attività di gestione in parola persegue una finalità autonoma rispetto alla cessione di beni. Pertanto, il servizio di gestione delle pratiche di rimborso dell'Iva non può avere il medesimo trattamento fiscale ai fini Iva della cessione di beni.

In ogni caso, tenuto conto delle caratteristiche dell'attività di gestione delle pratiche di rimborso dell'Iva esercitata dalla società, non si può neanche concludere che tale attività contribuisca alla realizzazione effettiva di un'operazione di esportazione, che viene realizzata interamente dall'acquirente estero indipendentemente dal servizio di gestione delle pratiche di rimborso dell'Iva.

Per tali ragioni, secondo la Corte, il servizio di gestione delle pratiche di rimborso dell'Iva in oggetto non rientra nell'esenzione ex articolo 146, paragrafo 1, lettera e) direttiva Iva.

Attività di gestione del rimborso dell'Iva ed esenzione

Nello scrutinare la seconda questione pregiudiziale, la Corte premette che, ex articolo 135, paragrafo 1, lettera d) direttiva Iva, gli Stati membri esentano le operazioni relative «ai depositi di fondi, ai conti correnti, ai pagamenti, ai giroconti, ai crediti, agli assegni e ad altri effetti commerciali». Dette operazioni, comprese quelle relative ai «pagamenti» o ai «giroconti», rientrano tra le operazioni finanziarie e vertono, in particolare, su strumenti di pagamento le cui modalità di funzionamento implicano un trasferimento di denaro. Ebbene, nel caso in esame, la società non ha trasferito, in modo effettivo o potenziale, la proprietà di fondi agli acquirenti non residenti nell'Unione ma si è limitata a trattenere gli importi dell'Iva sugli acquisti dei beni in attesa che tali acquirenti fornissero la documentazione che consentisse di dimostrare che le condizioni per l'esenzione prevista per le esportazioni fossero effettivamente soddisfatte. Una volta fornita la documentazione pertinente, che consentiva di dimostrare che l'Iva non era dovuta su tali acquisti, essa ha restituito gli importi corrispondenti. In definitiva, tale prestazione deve essere considerata non già come una prestazione finanziaria, bensì come una prestazione amministrativa.

I "limiti" del legittimo affidamento

Passando alla terza questione, la Corte di Giustizia ricorda che il principio della tutela del legittimo affidamento rientra fra i principi fondamentali dell'Unione ed è vincolante per qualsiasi autorità nazionale incaricata di applicare il diritto dell'Unione. Tuttavia, il fatto che le Autorità tributarie nazionali abbiano accettato per diversi anni le dichiarazioni Iva della società senza contestare in occasione dei controlli fiscali la qualificazione delle operazioni di gestione delle pratiche di rimborso dell'Iva come operazioni esenti da Iva non può essere sufficiente, a priori, a creare, in capo ad un operatore economico normalmente prudente ed accorto, un ragionevole affidamento nella non applicabilità di tale imposta a siffatte operazioni. Nessuno, infatti, può invocare una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento in assenza di precise garanzie fornitegli dall'amministrazione. Inoltre, il principio della tutela del legittimo affidamento non pone a carico dell'Amministrazione fiscale un obbligo di informare i soggetti passivi delle modifiche della normativa fiscale che entrano in vigore, di cui operatori economici normalmente prudenti e accorti dovrebbero essere a conoscenza.

La base imponibile delle commissioni di gestione

Quanto alla conclusiva questione pregiudiziale, la Corte di giustizia ricorda che la base imponibile Iva comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore dei beni o al prestatore dei servizi per le operazioni di cui trattasi da parte dell'acquirente, del destinatario o di un terzo. L'articolo 78 della direttiva Iva elenca taluni elementi da includere nella base imponibile e l'Iva non deve essere inclusa in tale base. Ai sensi dell'articolo 73 della direttiva in parola, continua la Corte, la base imponibile per la cessione di un bene o la prestazione di un servizio effettuate a titolo oneroso è costituita dal corrispettivo effettivamente ricevuto a tal fine dal soggetto passivo. Inoltre, l'Iva è sempre compresa, ipso iure, nel prezzo convenuto, anche in caso di errore del soggetto passivo nella determinazione dell'aliquota applicabile, dato che il sistema dell'Iva mira a gravare unicamente sul consumatore finale.

Di conseguenza, il prezzo convenuto nel caso di specie per il servizio di gestione delle pratiche di rimborso dell'Iva, vale a dire il 15% dell'Iva rimborsata, deve essere considerato come un prezzo lordo già comprensivo dell'imposta. La base imponibile, a cui occorrerebbe in seguito applicare l'aliquota dell'Iva, dovrebbe essere calcolata di conseguenza. Quindi, la circostanza che il soggetto passivo abbia eventualmente considerato, per errore, che le operazioni in esame fossero esenti e che di conseguenza, a suo parere, l'aliquota Iva applicabile a tali operazioni avrebbe dovuto essere pari a zero non è pertinente nella specie. In definitiva, la società non ha la possibilità di trasferire a posteriori sui suoi clienti, che sono privati non residenti nel territorio dell'Unione, l'Iva sulla commissione di gestione delle pratiche di rimborso dell'Iva.

Conclusioni

L'articolo 1, paragrafo 2, l'articolo 2, paragrafo 1, lettera c), e l'articolo 78 della direttiva Iva devono essere interpretati nel senso che un'attività di gestione delle pratiche di rimborso dell'Iva che acquirenti non residenti nell'Unione europea hanno pagato al momento dell'acquisto di beni da essi successivamente trasportati al di fuori dell'Unione costituisce una prestazione di servizi distinta e indipendente dalla cessione di beni esente corrispondente e deve, in quanto tale, essere assoggettata all'Iva. Una siffatta prestazione di servizi non rientra nell'esenzione prevista all'articolo 146, paragrafo 1, lettera e), di tale direttiva.

L'articolo 135, paragrafo 1, lettera d), della direttiva Iva deve essere interpretato nel senso che un'attività di gestione delle pratiche di rimborso dell'Iva che acquirenti non residenti nell'Unione hanno pagato al momento dell'acquisto di beni da essi successivamente trasportati al di fuori dell'Unione non rientra tra le operazioni esenti di cui a tale disposizione.

Il principio di tutela del legittimo affidamento deve essere interpretato nel senso che non osta a che l'Amministrazione tributaria assoggetti a posteriori all'Iva talune prestazioni di servizi, nel caso in cui tale amministrazione abbia controllato ed accettato per diversi anni le dichiarazioni Iva del soggetto passivo senza contestare la qualificazione di tali prestazioni come prestazioni esenti da Iva e non abbia informato tale soggetto passivo del cambiamento intervenuto nella normativa nazionale in vigore che, nella sua versione precedente, menzionava espressamente dette prestazioni tra le attività esenti dall'Iva. In tale contesto, è irrilevante il fatto che, a seguito di una domanda di parere presentata ai sensi della normativa nazionale in vigore, il soggetto passivo abbia ricevuto una risposta «ex post» e non vincolante da parte dell'amministrazione tributaria secondo la quale le stesse prestazioni dovevano essere considerate come spese accessorie ad una cessione di beni esente soggetta allo stesso trattamento dell'operazione principale quanto al regime di esenzione dall'Iva.

Gli articoli 73 e 78 della direttiva Iva devono essere interpretati nel senso che ostano alla prassi dell'Amministrazione di uno Stato membro consistente nel ritenere che gli importi fatturati come corrispettivo di un servizio di gestione delle pratiche di rimborso dell'Iva, vale a dire le commissioni di gestione, siano importi netti, che non includono l'Iva nel caso in cui il fornitore abbia considerato esente la sua prestazione e gli sia manifestamente impossibile recuperare a posteriori dagli acquirenti di beni esenti da Iva l'importo dell'Iva reclamato dall'Amministrazione fiscale.