Cartella di pagamento legittima anche senza dettagli sugli interessi

29.06.2025

La Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 11597/2025, pubblicata il 3 maggio 2025, ha dichiarato che, in materia di riscossione fiscale, è da ritenersi congruamente motivata la cartella di pagamento anche se non specifica i criteri di calcolo degli interessi maturati, purché questi siano già stati determinati in atti precedenti.

In sostanza, quando la cartella di pagamento fa seguito all'adozione di un atto fiscale che ha già determinato l'ammontare del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, la stessa è da ritenersi valida - con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati - attraverso il semplice richiamo dell'atto precedente e la quantificazione dell'importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l'obbligo di motivazione prescritto dall'articolo 7 della legge n. 212/2000 e dall'articolo 3 della legge n. 241/1990.

La vicenda in esame
La Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, nel confermare la decisione di primo grado, ha disatteso il motivo di gravame con cui il contribuente ha reiterato l'eccezione di nullità della cartella di pagamento per omessa indicazione dei criteri di calcolo degli interessi, sul presupposto che la stessa facesse espresso riferimento al titolo intimante gli interessi medesimi, risolvendosi quindi il calcolo in una mera operazione matematica.

In particolare, il Giudice ha evidenziato che l'entità degli interessi da corrispondere era nota al contribuente, essendo già stata indicata nelle intimazioni conseguenti alla decadenza dalla rateizzazione del debito, concessa in sede di conclusione degli accordi conciliativi - stipulati relativamente alle imposte accertate con distinti avvisi di accertamento - con la conseguenza che la relativa cartella di pagamento non costituisce il primo atto riguardante la pretesa.

Avverso alla sentenza, il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione ribadendo l'illegittimità della cartella esattoriale opposta per carenza di motivazione, atteso che, dalla lettura della stessa, contenente unicamente la cifra globale degli interessi richiesti, non sarebbe possibile comprendere le modalità seguite nella quantificazione degli interessi applicati all'imposta dovuta, degli interessi di mora e delle somme aggiuntive, per omessa indicazione delle relative basi di calcolo e delle percentuali applicate per ogni annualità.

La soluzione offerta dalla Corte
Con la pronuncia in commento, la Suprema Corte ha fatto proprio l'orientamento di legittimità scaturente dal principio di diritto sancito dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 22281/2022, secondo cui "Allorchè segua l'adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il quantum del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, la cartella che intimi al contribuente il pagamento degli ulteriori interessi nel frattempo maturati soddisfa l'obbligo di motivazione, prescritto dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, e dalla L. n. 241 del 1990, art. 3, attraverso il semplice richiamo dell'atto precedente e la quantificazione dell'ulteriore importo per gli accessori. Nel caso in cui, invece, la cartella costituisca il primo atto con cui si reclama per la prima volta il pagamento degli interessi, la stessa, al fine di soddisfare l'obbligo di motivazione deve indicare, oltre all'importo monetario richiesto a tale titolo, la base normativa relativa agli interessi reclamati che può anche essere desunta per implicito dall'individuazione specifica della tipologia e della natura degli interessi richiesti ovvero del tipo di tributo cui accedono, dovendo altresì segnalare la decorrenza dalla quale gli interessi sono dovuti e senza che in ogni caso sia necessaria la specificazione dei singoli saggi periodicamente applicati nè delle modalità di calcolo".

E infatti, nelle ipotesi in cui la cartella di pagamento faccia seguito ad un atto nel quale sono già stati computati gli interessi per il ritardato pagamento, la stessa ha la sola funzione di avviare la fase di riscossione coattiva dei tributi, atteso che l'accertamento degli interessi dovuti dal contribuente trova corrispondenza nel ruolo formato dall'Ente impositore.

In tali casi, è pertanto sufficiente che la cartella di pagamento faccia riferimento, pur in modo diretto e specifico, all'atto fiscale e/o alla sentenza che ha reso definitivo il ruolo, non dovendo necessariamente indicare, oltre all'importo monetario richiesto, la base normativa relativa agli interessi reclamati e la decorrenza dalla quale gli accessori sono dovuti, fermo restando che non è neanche necessaria la specificazione dei singoli saggi periodicamente applicati o delle modalità di calcolo.


Da Fisco Oggi