
Conguaglio nell’eredità divisa, per il Registro è una cessione
Quando, in sede di divisione ereditaria, un condividente riceve beni di valore superiore alla quota spettante e viene previsto un conguaglio in denaro, tale eccedenza è equiparata a una vendita ed è soggetta all'imposta proporzionale del 9% prevista per gli atti traslativi, indipendentemente dall'effettivo pagamento del conguaglio. È quanto afferma la Cassazione con l'ordinanza 15443 del 3 giugno 2025.
I fatti in causa
Il Tribunale civile di Cosenza, con sentenza non definitiva, dichiarava D.D. erede legittimaria del defunto C.C., disponeva la parziale inefficacia delle disposizioni testamentarie a favore di altri due eredi, e riconosceva il diritto di D.D. a una quota dell'eredità lasciata dal defunto.
Con successiva ordinanza, lo stesso Tribunale procedeva alla dichiarazione di esecutività del progetto divisionale scaturito dalla consulenza tecnica d'ufficio e allo scioglimento della comunione ereditaria sull'asse relitto dal de cuius, mediante attribuzione dei beni in natura a ciascun condividente per l'ammontare complessivo di 1.043.535 euro e imposizione di conguagli in denaro a carico di alcuni condividenti per l'importo complessivo di 112.294 euro.
L'Agenzia delle entrate tassava l'ordinanza calcolando l'imposta di registro in misura proporzionale dell'1% sull'attivo netto di 931.241 euro e del 9% sull'importo nominale dei conguagli in danaro di 112.294 euro.
L'avviso di liquidazione veniva impugnato e la Commissione tributaria provinciale di Cosenza - con sentenza n. 1349/01/2022 - accoglieva il ricorso compensando le spese di lite ritenendo che si trattasse di "scioglimento di comunione di beni senza conguaglio, non traslativa di beni, soggetta, quindi, all'imposta di registro dell'uno per cento da calcolare sull'intera massa ereditaria oggetto della divisione dei beni relitti da C.C.".
Avverso tale sentenza proponeva appello l'Agenzia delle entrate.
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria – con sentenza n. 1273/02/2023 - riformava la decisione di prime cure sul presupposto che "Nella tabella, allegata all'Ordinanza del Tribunale di Cosenza (…) risulta chiaro che, relativamente alle quote n. 4 e n. 7, agli eredi sono stati assegnati beni di valore superiore alle quote loro spettanti (colonna 2 della tabella) e di conseguenza i suddetti condividenti erano tenuti a versare agli altri i relativi conguagli. La circolare dell'Agenzia delle Entrate del 29 maggio 2013, n. 18/E stabilisce che qualora i conguagli siano superi al 5 per cento della quota di diritto spettante al condividente, gli stessi sono soggetto all'imposta proporzionale dovuta per gli atti traslativi indipendentemente dal suo concreto versamento. Per tali atti l'art. 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al TUR prevede l'applicazione dell'aliquota proporzionale del 9%".
Alcuni degli eredi testamentari proponevano ricorso per la cassazione della sentenza di secondo grado lamentando:
- violazione e falsa applicazione del Dpr n. 131/1986 (Tur) articolo 34, in relazione all'articolo 360 cpc n. 3, con riferimento all'articolo 1 del Tur, per essere stata erroneamente ritenuta dal giudice di secondo grado "legittima e quindi concretamente applicabile l'aliquota del ricorrere di una vendita/trasferimento, ad una divisione ereditaria, con assegnazione di porzioni immobiliari per intero, con versamenti di conguagli ed il pagamento di somma di denaro da parte di alcuni dei condividenti ed a favore di altri per parificazione della somma senza alcun superamento della quota di legittima"
- violazione e falsa applicazione dell'articolo 360 cpc commi 1 e 5 per omesso esame del contenuto del provvedimento divisionale con riferimento all'articolo 360 cpc, commi 1 e 3, per violazione del Tur, articoli 34 e 37, per non essere stato tenuto conto dal giudice di secondo grado che "tutte le volte che i condividenti, sia pure destinatari di conguagli, hanno ottenuto comunque né più né meno la quota corrispondente al valore delle rispettive quote si è in presenza di una divisione dichiarativa, con conseguente applicazione dell'imposta di registro dell'1% per come espressamente previsto in Tariffa parte 1, lett. C)".
Con l'ulteriore terzo motivo di ricorso i ricorrenti eccepivano nullità della sentenza ai sensi degli articoli 112 e 132, comma 2, n. 4 cpc, 118 disposizioni attuative cpc nonché 24 e 111 della Costituzione, per motivazione apparente in relazione alla decisione assunta dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado sulla inesistenza del conguaglio tassabile quale vendita.
L'Agenzia delle entrate e uno dei destinatari delle disposizioni testamentarie, resistevano con controricorso.
La contribuente proponeva, inoltre, ricorso incidentale avverso la medesima sentenza, lamentando, oltre all'omessa notificazione del gravame, violazione e falsa applicazione dell'articolo 34 del Dpr n. 131/1986 in tema di imposta di registro su provvedimento giurisdizionale (divisione ereditaria) in relazione all'articolo 360 n. 3 cpc, per non essere stato tenuto conto dal giudice di secondo grado che "L'effetto dei conguagli era ed è, risultando per tabulas, soltanto quello di ristabilire la effettiva parità delle quote fra tutti gli otto coeredi: nessuno di essi riceve un centesimo in aggiunta alla propria quota di diritto, tenuto conto della disponibile, previamente divisa tra i sette figli legittimi".
Da Fisco Oggi