Elezioni e programmi politici: scegliere il sistema impositivo

20.08.2022

Il mantra pre-elettorale è spesso sempre lo stesso e, tra le tante cose, si finisce a discutere del sistema di tassazione o meglio del sistema più adatto a far crescere il nostro paese.

Nel dibattito anche in presenza di tecnici assistiamo spesso a spiegazioni poco credibili e comunque non fondate.

Ad ogni tornata elettorale si torna a parlare di imposte personali e in particolare di flat tax e progressività.

Alcuni istituti pubblicano statistiche sul funzionamento del nostro sistema di tassazione e sul finanziamento di una ipotetica flat tax, mostrando grafici su alcune storture della progressività del nostro sistema, non privo di critiche, verificando l'andamento delle aliquote marginali.

Intanto, è opportuno ricordare che i confronti sulla tassazione tra redditi per verificare la progressività di un sistema si dovrebbero fare andando a studiare le aliquote medie e non le aliquote marginali. L'aliquota media esprime il grado di tassazione mettendo a rapporto le imposte totali con il reddito prodotto. La progressività o regressività dei sistemi fiscali va quindi studiata vedendo le aliquote medie. La flat tax ad esempio è una tassa proporzionale né progressiva e né regressiva (può essere progressiva con metodi che introducono le detrazioni di imposta). I suoi effetti sul sistema macroeconomico possono essere "regressivi" se consideriamo che la quantità di tasse risparmiate dal singolo individuo solo in parte saranno destinate ai consumi, mentre una fetta andrà ai risparmi (che non necessariamente stimolano gli investimenti, le cui dinamiche dipendono prevalentemente da altre variabili).

Quindi per 100 euro di tasse risparmiate solo circa 80 andranno ai consumi. A questo punto meglio usare 100 euro di risorse pubbliche necessarie a finanziare l'adozione di una flat tax con interventi strutturali, ad esempio sul cuneo fiscale, la cui introduzione ridurrebbe sia gli oneri a carico delle aziende che quelli a carico dei lavoratori aumentando gli stipendi (soprattutto sulle fasce basse di reddito in modo da avere un afflusso sui consumi più rilevante). Oppure si potrebbero usare quelle risorse per investimenti pubblici ad alto moltiplicatore come quelli in ambito energetico e tecnologico; o si potrebbero migliorare i servizi formativi aumentando l'efficienza del capitale umano. Una parte delle somme risparmiate, in genere il calcolo delle risorse necessarie per finanziarie un sistema ad aliquota unica è di alcune decine di miliardi di euro, potrebbe essere comunque utilizzato per mettere mano al sistema progressivo ed eliminare le anomalie della tassazione sui redditi medio bassi, agendo con il sistema delle detrazioni.

Riguardo al cuneo fiscale occorre ricordare i dati dell'OCSE relativi al 2019 in cui si certificava che i cunei fiscali medi più gravosi per i lavoratori single senza figli con un salario medio a livello nazionale erano quelli rilevati in Belgio (52,2%), Germania (49,4%), Italia (48,0%), Austria (47,9%) e Francia (46,7%). Quindi il ns paese era in linea con i dati dei paesi più simili al nostro (Germania e Francia).

Vediamo come funziona la flat tax al 15% sul reddito senza ipotizzare detrazioni e mettendo a confronto la tassazione che subirebbe un lavoratore o un imprenditore soggetto al regime di flat tax e un individuo assoggettato al normale regime di tassazione progressiva (che è tra l'altro in linea con l'articolo 53 della nostra costituzione che recita: "tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario e' informato a criteri di progressività").

Il risparmio di imposta si collocherebbe intorno ai 12 mila euro. Vediamo l'aliquota media per i due sistemi: ovviamente la flat tax è ad aliquota media proporzionale del 15% mentre l'aliquota media del sistema progressivo è del 32,8%. Se scendessimo di reddito le differenze diminuirebbero, pur permanendo.

Come anticipato anche la flat tax può essere progressiva e per farlo bisognerebbe introdurre delle detrazioni in modo che i redditi più bassi siano soggetti ad una tassazione più contenuto rispetto a quelli che scontano l'aliquota secca del 15%. Riguardo ai costi per il bilancio pubblico alcuni studi avevano ipotizzato che una flat tax con aliquota al 25% avrebbe comportato un minor gettito di IRPEF stimato in circa 50 miliardi. Da questi dati e dagli esempi sopra riportati si comprende facilmente come l'introduzione di una flat tax attribuirebbe maggiori benefici ai possessori di redditi alti che vedrebbero ridurre il proprio peso fiscale. Gli studi internazionali mostrano che dopo due o tre anni dall'adozione di un sistema fiscale basato sulla flat tax la quota di reddito a disposizione del 10% della popolazione più povera tende a ridursi mentre al contrario aumenta il reddito delle persone più ricche; questo suggerisce che un tale meccanismo fiscale aumenterebbe le disuguaglianze interne.

Comunque anche senza flat tax tutti gli studi economici degli ultimi anni dimostrano come nei paesi sviluppati la progressività dei sistemi fiscali è stata lentamente erosa a partire dagli anni settanta del secolo scorso, anche se adesso il trend che vede ridurre le aliquote più alte si è parzialmente arrestato. Sempre con riferimento alla flat tax i paesi che l'hanno adottata sono pochi (meno del 15% di quelli sviluppati) e generalmente sono paesi in via di sviluppo o con processi di sviluppo avviati da poco tempo; e in alcuni paesi visti i cattivi risultati in termini di equità e gettito si è fatto ritorno ad un sistema di imposte con più scaglioni. Quindi, un sistema tributario di questo tipo non sembra essere tagliato per i paesi più sviluppati che hanno un welfare state universale.

La pressione fiscale misurata dall'OCSE sui paesi vedeva nel 2019 l'Italia al sesto posto con una pressione del 42,6%; nei confronti internazionali la Germania aveva una pressione del 41,7% e la Francia del 47,4%. La media UE era del 41,6%.

La pressione fiscale incide certamente sulla domanda (sia sui consumi che sugli investimenti e risparmi), ma le imposte finanziano il welfare state e i servizi pubblici spesso sono indispensabili. Quindi il punto è non solo cercare di abbassare le tasse, se possibile e compatibilmente con il mantenimento dello stato sociale, ma cercare di eliminare eventuali agevolazioni fiscali (che complessivamente costano diverse decine di miliardi) riallocando le somme su un sistema che agevola il lavoro riducendo il cuneo fiscale in modo strutturale e duraturo; anche per riallineare o avvicinare la tassazione complessiva dei fattori della produzione (capitale e lavoro).

La Commissione Europea dopo la pandemia nel luglio del 2020 aveva definito alcune linee di azione necessarie per una fiscalità giusta ed efficiente e tra queste vi erano, anche:

1) Azioni dirette ad attuare una fiscalità che agevola la transizione ecologica (favorendo ad esempio gli investimenti in energie rinnovabili);

2) Lavorare in coordinamento con l'OCSE per una tassazione minima globale delle multinazionali;

3) Rivedere il metodo di tassazione delle piattaforme digitali ancorando il prelievo al luogo in cui viene prodotto il reddito;

4) Promuovere una azione interna e globale contro l'evasione e l'elusione fiscale (lotta ai paradisi fiscali).

La semplificazione amministrativa (e la riduzione degli adempimenti) sarebbe già un obiettivo importante da perseguire e da sola consentirebbe un risparmio per cittadini e imprese, assicurando anche una gestione più snella ed efficace a vantaggio della stessa pubblica amministrazione.

Le risorse vanno utilizzate in modo intelligente e la politica degli annunci in campagna elettorale di abbassare le tasse non sempre è compatibile col mondo che si sta delineando; un mondo che richiederà sempre di più la presenza dello stato nell'economia e soprattutto che avrà bisogno di politiche redistributive e di lotta alla povertà.