I benefici prima casa possono decadere anche nel contratto a favore del terzo

11.06.2025

La responsabilità per il pagamento dell'imposta dovuta a seguito della decadenza dall'agevolazione "prima casa" ricade anche sul soggetto che aveva acquistato l'abitazione per effetto di un contratto a favore del terzo. In questo senso si è espressa la Corte di cassazione con l'ordinanza n. 11842 del 6 maggio 2025.

Il caso ha avuto origina da un atto di permuta mediante il quale una contribuente aveva trasferito un terreno edificabile a una società. Quale corrispettivo la società aveva trasferito due appartamenti, ancora da costruire, da intestare direttamente ai figli della contribuente.

Questi ultimi erano intervenuti nell'atto di permuta ed avevano espressamente accettato il trasferimento nei loro confronti e richiesto le agevolazioni "prima casa" in relazione ai due appartamenti da costruire.

Negli anni successivi i due fratelli avevano alienato gli appartamenti, prima del decorso di cinque anni dal loro acquisto.

Conseguentemente, secondo le disposizioni della nota II-bis dell'articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al Testo unico sull'imposta di registro, Dpr n. 131/1986, si era verificata la decadenza dall'agevolazione "prima casa" anche perché, dopo la vendita, i due soggetti non avevano acquistato altro immobile da adibire a propria abitazione principale.

L'Ufficio, preso atto della decadenza dall'agevolazione "prima casa" ha inviato ai due fratelli due avvisi di liquidazione al fine di recuperare l'iva nella misura ordinaria, oltre alla prevista sanzione e agli interessi.

I due contribuenti hanno impugnato gli avvisi di liquidazione ritenendo che l'imposta di registro non fosse dovuta da chi, nella fattispecie del contratto a favore di terzo, ha rivestito la qualifica di "terzo".

Sia la Ctp di Salerno, che la Ctr della Campania (decisione n. 11149/2018) hanno respinto la loro linea difensiva, evidenziando che essi erano comunque intervenuti nell'atto di permuta ed avevano espressamente accettato il trasferimento delle due abitazioni nei loro confronti.

I giudici tributari hanno anche dubitato che, nel caso di specie, si trattasse di un vero e proprio contratto a favore del terzo, in quanto questa figura contrattuale, disciplinata dall'articolo 1411 del codice civile e seguenti, si caratterizza per l'estraneità del terzo all'accordo negoziale, mentre nel caso di specie gli aventi diritto alla prestazione non erano rimasti estranei al contratto da altri stipulato, ma avevano ricoperto il ruolo di parti sostanziali del contratto.

Anche nel giudizio di legittimità le parti hanno sostenuto la loro posizione di "terzi" rispetto all'accordo negoziale avente ad oggetto la permuta del terreno edificabile con gli appartamenti da costruire, continuando a sostenere che il "terzo" è colui che riceve gli effetti del contratto pur non essendo parte sostanziale del negozio. Di conseguenza ritenevano che l'iva dovuta a seguito della decadenza dall'agevolazione doveva essere richiesta solo alla società venditrice degli appartamenti.

I giudici della Corte di cassazione hanno richiamato il loro pregresso orientamento (pronunce n. 17427/2003, n. 28319/2017, n. 27136/2017, 9461/2021, n. 353/2025) in base al quale l'interpretazione degli atti negoziali è riservata, in maniera esclusiva, al giudice di merito e può essere censurata in sede di legittimità soltanto nei casi di violazione delle regole che disciplinano l'interpretazione.

Nel caso di specie i ricorrenti non hanno precisato in che modo i giudici tributari avessero violato le regole interpretative degli atti, ma si sono limitati a ritenere errata l'interpretazione fornita dai giudici di merito.

Nella motivazione dell'ordinanza in commento si è affermato che i giudici tributari hanno "…proceduto alla lettura e all'interpretazione delle dichiarazioni negoziali in esame nel pieno rispetto dei canoni di ermeneutica fissati dal legislatore, non ricorrendo ad alcuna attribuzione di significati estranei al comune contenuto semantico delle parole, né spingendosi ad una ricostruzione del significato complessivo dell'atto negoziale in termini di palese irrazionalità o intima contraddittorietà (sulla base di un'ipotetica lettura macroscopicamente contraria ai canoni della buona fede o della convenienza oggettiva), per tale via giungendo alla ricognizione di un contenuto negoziale sufficientemente congruo, rispetto al testo interpretato, e del tutto scevro da residue incertezze."

La Corte di cassazione ha, quindi, condiviso l'operato delle commissioni tributarie soprattutto in considerazione che i due fabbricati, in relazione ai quali si era verificata la decadenza dall'agevolazione "prima casa" erano stati trasferiti dalla società direttamente nei confronti dei due fratelli, i quali avevano partecipato attivamente all'accordo negoziale. Ciò risultava evidente dalle varie clausola dell'atto, ed in particolare dalle clausole che regolavano i diritti e gli obblighi delle parti in presenza di una vendita di cosa futura.

In questo modo è stata ritenuta legittima la richiesta della maggiore imposta, conseguente alla decadenza dall'agevolazione "prima casa" avanzata dall'Amministrazione finanziaria nei confronti dei due contribuenti. 


Fisco Oggi