Interposizione fittizia provata, esclusa la detrazione dell’Iva

17.07.2025

Con la sentenza n. 15957 del 2025, la Corte di cassazione si è pronunciata sull'indetraibilità dell'Iva nelle operazioni soggettivamente inesistenti. Il caso ha riguardato una società e una sua ex controllata, accusate dall'Agenzia delle entrate di aver orchestrato un'operazione fittizia per eludere i limiti di importazione di energia elettrica da fonti non rinnovabili.

Il fatto
Al centro della controversia un avviso di accertamento Iva relativo al 2013, notificato a una società controllata e facente parte di un gruppo operante nel settore energetico. Secondo l'Agenzia delle entrate, la società avrebbe indebitamente detratto l'Iva relativa all'acquisto di energia elettrica di provenienza estera e non rinnovabile, aggirando i limiti imposti dalla normativa sull'importazione di energia da fonti non rinnovabili.

In particolare, l'Amministrazione finanziaria sosteneva che, una volta raggiunto il massimale consentito, la capogruppo controllante avesse continuato a importare energia attraverso la propria controllata, formalmente distinta ma priva di struttura e autonomia operativa.

In sostanza, si trattava per l'Agenzia di una interposizione fittizia, finalizzata a eludere l'obbligo di acquistare i certificati verdi.

La Commissione tributaria provinciale di Milano prima, e la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia poi, avevano dato ragione alla contribuente, ritenendo che le operazioni fossero reali.

L'Agenzia delle entrate ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la detrazione dell'Iva non fosse legittima, in quanto le operazioni erano simulate e prive di sostanza economica.

La posizione della Cassazione
La suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha ribaltato la decisione, chiarendo che la mera esistenza formale del soggetto interposto non è sufficiente a salvaguardare il diritto alla detrazione Iva, se si dimostra che l'interposizione è fittizia e finalizzata ad aggirare vincoli normativi.

Richiamando la giurisprudenza della Corte di giustizia Ue, la Cassazione ha ribadito che il diritto alla detrazione dell'Iva sussiste solo in presenza di una reale operazione economica tra soggetti passivi effettivi. Nel caso in esame, secondo i giudici, la struttura creata dalla capogruppo configurava una simulazione negoziale, funzionale a bypassare le soglie di legge e, quindi, assimilabile a una frode con conseguente indetraibilità dell'Iva per la controllata.

Secondo i giudici di piazza Cavour, non è sufficiente la formale esistenza di una società o la regolarità contabile delle operazioni per legittimare la detrazione dell'Iva.

La Corte, nel richiamare alcune sue pronunce in merito all'uso della prova presuntiva (o indiziaria) (cfr, tra le altre, Cassazione, nn. 3703/2012 e 27410/2019) ha ammonito i giudici di appello, perché nel caso in esame hanno errato nel sottovalutare gli indizi forniti dall'ufficio (come la mancanza di autonomia operativa, i pagamenti non effettuati e la gestione accentrata delle operazioni), privilegiando elementi formali di scarso rilievo.

Conclusioni
Il principio affermato è chiaro: la detrazione dell'Iva non può fondarsi su operazioni solo formalmente esistenti, ma deve poggiare su una reale attività economica. Anche in assenza di "cartiere", il diritto alla detrazione può essere escluso quando viene dimostrata una costruzione artificiosa volta a eludere obblighi normativi.

In un contesto sempre più attento alla sostanza delle operazioni e alla lotta all'elusione, la pronuncia della Cassazione rappresenta un ulteriore tassello nella costruzione di un sistema fiscale fondato su trasparenza, coerenza e rispetto delle regole europee.


Da Fisco Oggi