La crescita del valore del dollaro e la stabilità finanziaria internazionale

04.11.2022

L'inflazione che registriamo in questi mesi è stata innescata da varie pressioni internazionali; la pandemia da Covid -19, la guerra in Ucraina e in piccola parte anche a causa della transizione ecologica che ha spostato la produzione e il consumo su alcuni beni e su certe tecnologie.

La risposta monetaria a questi shock avviata dalle banche centrali e tra le prime dalla FED, è stato un generale aumento dei tassi di interesse e nel caso nord americano un conseguente apprezzamento del dollaro.

Il dollaro è una valuta internazionale che spesso viene utilizzata nei pagamenti di materie prime ed è scelto come valuta di emissione per i presiti obbligazionari di molte imprese, non solo statunitensi.

Il rialzo del prezzo della valuta verde, che da inizio anno si è apprezzata di oltre il 9 per cento su molte altre valute, ha conseguenze sui bilanci dei paesi e delle imprese.

Il peggioramento delle ragioni di cambio per molti paesi, Europa compresa, ha una conseguenza diretta negli acquisti e nelle importazioni di prodotti energetici.

Il fatto che la FED abbia prima di molte altre banche centrali alzato i tassi di interesse ha contribuito a creare il deprezzamento delle altre valute, con effetti negativi che ora descriveremo.

Le tensioni finanziarie degli ultimi mesi hanno accentuato in molti casi la scelta di sottoscrivere obbligazioni statunitensi, non solo grazie ai maggiori tassi di interesse, ma anche perché in condizioni di incertezza gli investitori tendono a preferire quei paesi emittenti che sono in grado di assicurare stabilità e sicurezza economica.

L'apprezzamento del dollaro ha come conseguenza quella di generare inflazione per i paesi che acquistano beni, soprattutto l'energia, i cui contratti sono stipulati in dollari. Questo fenomeno è osservabile per la prima volta confrontando l'aumento dei prezzi dei prodotti energetici denominati in dollari, cresciuti di più, rispetto ai prezzi di corrispondenti forniture espresse in altre valute.

Inoltre, l'apprezzamento del dollaro è in genere associato alla contrazione del commercio globale che infatti si mostra più debole.

Ma l'effetto che stiamo commentando ha ripercussioni anche sugli altri acquisti di beni in dollari, quindi non solo su quelli energetici. Il costo delle importazioni aumenta e questo agisce sul valore delle transazioni internazionali. O si cercano fornitori sostituitivi, se esistono, o si comprano meno beni, riducendo il valore del commercio mondiale.

Come anticipato anche i debitori esteri che hanno emesso obbligazioni in dollari ora si trovano a dover ripagare un debito dovendo "comprare" più valuta per poter onorare le scadenze di rate che hanno un contro valore nominale diverso perché contrattualizzato anni prima.

E poi per poter emettere future obbligazioni in dollari, occorrerà riconoscere tassi di remunerazione più alti, il che farà peggiorare le condizioni di finanziamento di molti emittenti.

I paesi, in particolare quelli in via di sviluppo, che devono fronteggiare questa sfida possono operare sul mercato dei cambi per ridurre queste oscillazioni, ma non potranno farlo troppo a lungo e quindi dovranno agire con politiche fiscali e monetarie idonee a compensare gli effetti descritti.

Le politiche fiscali atte ad esempio a contenere il caro vita sono generalmente espansive e possono mettere in difficoltà i paesi emergenti ad alto debito, facendo aumentare il loro deficit.

Per evitare queste conseguenze sarebbe necessario che le politiche monetarie vengano concertate a livello globale, in modo da evitare che le pressioni attuali sui cambi e sui prodotti energetici e quindi sull'inflazione possano produrre gravi conseguenze sulla stabilità finanziaria negli anni a venire.


DOTT. ARTURO GULINELLI