La crisi economica e le sofferenze bancarie
DAL BLOG ARTURO GULINELLI. La crisi economica emersa in seguito alla diffusione del coronavirus (Covid - 19) ha fatto registrare una contrazione dell'attività economica globale e, per il meccanismo delle aspettative, continuerà a far registrare un arretramento dell'attività privata, di famiglie e imprese, in modo da compromettere o ritardare la ripresa e il ritorno alla normalità. L'anno in corso e anche il 2021 saranno contraddistinti da un incremento dei fallimenti e la solvibilità di alcune banche potrebbe rappresentare un serio pericolo per la stabilità finanziaria del nostro paese e in genere dell'Europa. Che impatto avrà il Covid-19 sugli NPL (Non Performing Loans) nei prossimi 12 mesi?
Il lockdown a livello macroeconomico ha prodotto i seguenti effetti:
- Riduzione dell'offerta per la chiusura delle attività;
- Contrazione dei redditi e quindi della domanda;
- Riduzione del commercio internazionale;
- Aumento dei deficit pubblici per gli interventi di stabilizzazione messi in atto dai governi dei vari paesi;
- Riduzione degli investimenti;
- Aumento della propensione al risparmio.
La crisi dal lato dell'offerta combinata col rallentamento della domanda, causata dalla riduzione dei redditi e dei profitti, innescherà una serie di fallimenti, che neanche il provvedimento legislativo che ha disposto l'improcedibilità delle istanze, al pari della norma che procastina l'obbligo di ricapitalizzazione, sarà in grado di fermare ma solo di rinviare ai prossimi anni. Date le condizioni di partenza è facilmente intuibile che gli effetti creati dall'emergenza sanitaria aumenteranno il rischio creditizio nei prossimi mesi.
Neppure le politiche del governo che hanno incentivato la concessione di nuova finanza, a fronte della concessione di garanzie pubbliche (che una volta escusse faranno aumentare il deficit), saranno capaci di impedire le crisi di impresa che scombussoleranno a breve il mercato. E del resto la gestione e l'andamento degli NPL dopo la grande crisi del 2008, e successivamente quella del 2011-2012, mostra con ogni evidenza come il deterioramento degli attivi degli istituti di credito è solo questione di tempo.
Le stime di riduzione del PIL nel nostro paese per il 2020 sono molto superiori al calo registrato nel 2009 che è stato poco inferiore al 5%; per l'anno attuale si ipotizza una riduzione di circa il 12% e molto dipenderà dall'andamento dell'ultimo trimestre e in particolare dal progresso che seguirà la pandemia.
Molti si attendono che il ciclo economico disegni una curva a V, classica del caso in cui il PIL prima scende per poi risalire alla fine della pandemia. Tuttavia, la distruzione dal lato dell'offerta e i fallimenti sembrano suggerire una curva che potrebbe essere ad L, con un posizionamento delle attività produttive e della domanda ad un livello inferiore rispetto a quello di partenza, ed un periodo di lunga stagnazione.
I tassi di interesse continueranno ad essere bassi per molto tempo e le operazioni di acquisto di titoli sul mercato secondario, fatti dalle banche centrali, immetteranno nel sistema la liquidità sufficiente a garantire la solvibilità di imprese e banche che avevano performance economiche e patrimoniali accettabili, ma non sufficiente a garantire la continuità gestionale di chi era già in sofferenza. In generale, molti vedranno ridurre il fatturato e i profitti.
Le autorità preposte (BCE, EBA e le banche centrali nazionali) dovranno monitorare l'evoluzione delle principali variabili economiche e intervenire con regole macroprudenziali e provvedimenti che vadano a regolare l'attività del sistema finanziario.
La crisi del 2008, a cui ha fatto seguito quella dei debiti sovrani, ha raddoppiato il volume degli NPL e se la tendenza dovesse essere confermata, e la durata della crisi da coronavirus dovesse proseguire anche nel 2021, ci dobbiamo attendere un peggioramento degli attivi bancari simile a quello della grande crisi, se non addirittura peggiore.
Il picco degli NPL in Italia è stato raggiunto nel 2015, con oltre 340 mld di euro. Successivamente il livello è sceso ma il nostro paese è ancora oggi quello con l'esposizione maggiore nell'area Euro (poco meno del 10% di crediti deteriorati sul totale degli attivi), e questo nonostante le cospicue cessioni di crediti, non performanti, fatte ad investitori specializzati negli ultimi 2/3 anni.
La crisi in atto farà diminuire le dismissioni di crediti per le difficoltà di recupero, oltre che a causa del calo dei prezzi di cessione, e quindi il valore degli NPL non potrà che crescere.
La crisi farà scendere anche i prezzi dei beni e degli asset (seppur non di tutti), e le minori quotazioni deprimeranno il mercato immobiliare con una conseguente riduzione del valore dei collaterali.
E' bene ricordare che dopo il 2011 i fallimenti in Italia sono aumentati di circa il 25%. Questi numeri potrebbero essere confermati nella crisi attuale. Le norme che ritardano le crisi, come quelle descritte sopra, aumenteranno i tempi di recupero dei crediti e in questo modo non si agevolerà la ristrutturazione dei portafogli.
In tema di vigilanza bancaria sarà, pertanto, necessario assicurare:
- Norme che garantiscono accesso alla liquidità per evitare che il mercato interbancario registri delle tensioni o strozzature;
- Previsione di opportuni stress test (non rinvio come da molti suggerito);
- Strumenti che scoraggino un aumento incondizionato e non razionale del credito all'economia. Sarà certamente opportuno sostenere le imprese e le famiglie, ma bisognerà evitare di far sopravvivere linee di credito zombie, che rendono le imprese richiedenti degli zombie, e le banche concedenti degli zombie a loro volta (confronta la letteratura economica empirica sulla di crisi giapponese degli anni novanta);
- Raccomandare agli operatori finanziari un sano e attento presidio del rischio di credito;
- Raccomandare agli operatori finanziari di rivedere e aggiornare tempestivamente i piani di risanamento;
- Intensificare la vigilanza micro prudenziale sugli istituti più piccoli e deboli;
- Favorire processi di aggregazione.
Alcuni economisti consigliano di attenuare o rivedere l'applicazione dei principi contabili (IFRS 9) per dare più tempo alle banche per far emergere eventuali perdite; io, tuttavia, non credo sia utile adottare provvedimenti che hanno la sola finalità di non far emergere tempestivamente le tensioni e le difficoltà. Del resto il miglior modo per risolvere le crisi è quello di farle emergere tempestivamente.
Il 2021 sarà l'anno delle crisi bancarie a livello mondiale? Probabilmente si. Il nostro sistema bancario è migliorato ma non è ancora sufficientemente sicuro.