La guerra in Ucraina: altri aspetti economici e sociali
DAL BLOG DI ARTURO GULINELLI. Nel precedente intervento ho provato a spiegare cosa potrebbe accadere a livello macroeconomico in funzione delle tensioni globali scatenate della guerra in Ucraina e per farlo ho preso a prestito la storia economica: ovvero l'andamento dei fondamentali durante le crisi energetiche degli anni settanta.
Ora proverò a illustrare gli effetti sugli scambi commerciali e su altri aspetti economici che il conflitto nell'est Europa potrebbe creare per i paesi e per i privati (imprese e cittadini).
Intanto, occorre ricordare che sia la Russia che l'Ucraina giocano un ruolo importante in alcuni settori strategici come quello dei combustibili fossi e quello delle materie prime alimentari. Per l'esattezza la Russia esporta anche molti altri beni che sono importanti per numeroso catene produttive mondiali e soprattutto europee (prodotti lavorati del petrolio, fertilizzanti, metalli etc).
In ambito agroalimentare ad esempio la Russia e l'Ucraina costituiscono, come ricorda anche l'ONU, oltre il 50% del commercio globale di olio di semi e di olio di girasole e circa il 26% della produzione di grano.
Sul fronte energetico occorre rilevare che la Russia nel mondo è il secondo esportatore di petrolio ed è anche un player rilevante a livello globale nell'ambito delle forniture di metalli, di legno e di prodotti della chimica come i fertilizzanti.
Diversi paesi dipendono per l'energia dalle importazioni dalla Russia, soprattutto la Germania, ma come è ben noto anche l'Italia.
Sul versante dei beni alimentari sono particolarmente esposti alle importazioni di prodotti dalla Russia sia la Cina con circa un 22% del totale, la Turchia con oltre il 25% e anche l'India con il 13%. Questi tre paesi, sono stati abbastanza moderati e ad esempio nella votazione di condanna dell'attacco della Russia in sede ONU si sono astenuti.
In ambito agroalimentare i paesi poveri e quelli in via di sviluppo subiranno le conseguenze più pesanti, tanto sul fronte della limitazione delle importazioni che su quello dell'aumento dei prezzi. Per il grano l'Africa importa oltre il 30% dalla Russia e circa il 12% dall'Ucraina.
In genere i paesi in via di sviluppo, per la totalità, importano poco meno del 30% di grano dalla Russia e quasi il 10% dall'Ucraina.
Alcuni paesi Africani sono ancor più dipendenti di altri rispetto alle importazioni di grano dai due stati belligeranti. Questo potrebbe far aumentare le disuguaglianze globali e far diminuire l'accesso al cibo nei paesi poveri. Anche la riduzione delle importazioni di fertilizzanti potrebbe aggravare la situazione in termini di sicurezza alimentare nei paesi meno sviluppati.
Occorre ricordare che l'incremento dei prezzi delle materie prime alimentari del periodo 2007 e 2008 e successivamente nel biennio 2010-2011 è stato, con altri fattori, alla base delle rivolte conosciute come primavere arabe (del 2010 e 2011).
Ci sono stravolgimenti in corso anche nel settore dei trasporti e dei voli aerei. Lo spazio aereo internazionale ha subito diverse chiusure e questo avrà tre effetti:
1) Aumento dei costi per i voli e per i trasporti. Contrazione delle rotte internazionali;
2) Difficoltà negli approvvigionamenti;
3) L'aumento dei costi di trasporto si ribalterà in un ennesimo incremento del costo dei beni importati.
Le restrizioni dei trasporti aerei farà aumentare il costo dei trasporti marittimi già congestionati dopo la ripresa post covid. Ci saranno nuove rotte che si apriranno ma i costi e la disponibilità di container è comunque limitata, nonostante alcuni segnali di miglioramento registrati nel post pandemia.
In genere i costi di trasporto faranno lievitare anche i costi dei prodotti di consumo e questo avrà effetti peggiorativi sulla distribuzione del reddito a livello globale, con l'aumento della disuguaglianza (sia tra paesi che all'interno dei paesi).
Anche la transizione energetica sarà particolarmente toccata dalla crisi in atto. L'Europa in particolar modo, ma allo stesso tempo anche la Cina, sta pensando di recuperare seppur transitoriamente la produzione di energia attraverso l'uso di centrali a carbone. Da un lato la crisi energetica dovrebbe spingere i paesi più ricchi ad un incremento nell'uso delle fonti rinnovabili, ma nel brevissimo termine questa situazione potrebbe peggiorare le emissioni globali di CO2.
Le incertezze e le volatilità avranno effetti sulle borse e in genere sugli animal spirits, questo potrebbe ridurre gli investimenti privati non adeguatamente compensati dalle politiche espansive pubbliche, che in molti paesi potrebbero essere dedicate al ritorno agli armamenti.
La crescita dei debiti privati e pubblici potrebbe minare la sostenibilità dei bilanci di aziende e stati, creando le condizioni per una futura nuova e virulenta crisi economica e finanziaria.
Le banche centrali si stanno trovando di fronte a due scenari a dir poco complicati: il ritorno dell'inflazione e il rallentamento della crescita.
Le incognite future sono molte e l'unica cosa da fare è riuscire a far cessare la guerra e riprogrammare il futuro sociale ed economico dell'Europa e in genere del nostro pianeta.