
La ricezione dell’atto non implica il diritto di proporre ricorso
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 12867 del 14 maggio 2025, ha affermato un principio chiarificatore in tema di legittimazione processuale in ambito tributario: la sola notificazione materiale di un avviso di accertamento non conferisce, di per sé, il diritto di impugnarlo, se la pretesa tributaria non è rivolta alla persona fisica che riceve l'atto, ma a un diverso soggetto giuridico.
Il fatto
L'Agenzia delle entrate aveva notificato un avviso di accertamento, relativo a Ires, Irap e Iva per il 2011, ad una società, con sede dichiarata in Lussemburgo ma ritenuta "esterovestita" e di fatto operante in Italia.
L'atto, intestato esclusivamente alla società, veniva notificato presso la sede italiana, al suo rappresentante fiscale. Costui impugnava l'atto in proprio, in qualità di destinatario dell'avviso di accertamento, dichiarando di non possedere alcun potere rappresentativo formale né sostanziale.
La Commissione tributaria provinciale di Ferrara accoglieva il ricorso, accertando l'inesistenza della qualità di amministratore di fatto del ricorrente e dell'esterovestizione della società e ritenendo, di conseguenza, l'inesistenza della notifica dell'accertamento, effettuata a persona priva di legittimazione processuale nel rappresentare in giudizio la società.
Tuttavia, la Commissione tributaria regionale dell'Emilia-Romagna, accogliendo l'appello dell'Agenzia, aveva ritenuto valida la notifica, riconoscendo una presunta rappresentanza di fatto.
La Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo del rappresentante fiscale per difetto di legittimazione attiva del rappresentante.
Il principio di diritto e la posizione della Corte
La Corte ha affermato il seguente principio:"La persona fisica alla quale sia notificato un atto impositivo, il quale non rechi nessuna pretesa tributaria (neppure in via solidale o sanzionatoria) nei suoi confronti, essendo intestato e diretto esclusivamente nei riguardi di una società, non è legittimata ad impugnarlo in proprio, neanche al fine di negare di possedere la qualità e il potere rappresentativo in ragione dei quali gli è stata indirizzata la notifica dello stesso atto."
La Cassazione ha distinto chiaramente la notifica dell'atto (atto di trasmissione formale), dalla titolarità del rapporto sostanziale (chi è realmente destinatario della pretesa tributaria). Pertanto, la sola ricezione dell'atto non implica legittimazione ad causam se non esiste un interesse giuridico diretto e attuale.
La decisione si allinea a precedenti già espressi dalla Suprema Corte, dalle quali si evince un principio comune, secondo cui la mera ricezione della notificazione di un atto impositivo, inequivocabilmente diretto ed intestato ad un soggetto diverso, non legittima, di per sé sola, il ricevente all'impugnazione dell'atto notificatogli (Cassazione n. 9282/2012; Cassazione n. 29474/2021; Cassazione n. 26702/2022).
La Corte rigetta l'idea che la semplice attribuzione – anche erronea – di una qualifica rappresentativa basti a fondare un diritto all'azione, in assenza di un coinvolgimento diretto nella pretesa fiscale.
Se il soggetto ritiene di essere stato coinvolto in modo improprio (esempio presunta responsabilità di fatto), potrà contestare eventuali atti sanzionatori o di riscossione successivi, ma non l'avviso indirizzato esclusivamente alla società.
Conclusione
La sentenza n. 12867/2025 chiarisce in modo definitivo che l'interesse processuale deve coincidere con l'essere soggetto passivo della pretesa. Chi riceve un atto per ragioni organizzative o strumentali, ma non è parte del rapporto tributario, non può agire in giudizio per impugnarlo, nemmeno per smentire la qualifica a sé attribuita.