
Natura procedimentale per le norme sulle disponibilità tenute all'estero
Hanno natura procedimentale e non sostanziale le previsioni del Dl n. 78/2009 (articolo 12), che raddoppiano i termini di decadenza per la notifica degli avvisi di accertamento relativi a investimenti e attività di natura finanziaria detenute in Paesi a regime fiscale privilegiato, e quelli sugli atti di contestazione o irrogazione di sanzioni per l'omessa denuncia delle disponibilità detenute all'estero. La conseguenza è che le stesse previsioni si applicano anche per i periodi d'imposta precedenti alla loro entrata in vigore (1° luglio 2009), quando venga in rilievo la sottrazione a tassazione di redditi esportati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indipendentemente dalla applicabilità della presunzione legale di cui al comma 2 dell'articolo 12.
Questo è quanto ha statuito, avallando le tesi dell'Amministrazione finanziaria, la Corte di cassazione, con la sentenza n. 11091 del 28 aprile 2025.
Nello specifico, ricordiamo, l'articolo 12 comma 2-bis del Dl n. 78/2009raddoppia i terminidi decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla presunzione di evasione relativa agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato. Il comma 2-ter raddoppia invece quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni per l'omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all'estero.
Con la medesima pronuncia, i magistrati romani hanno, inoltre, chiarito come abbia carattere sostanziale e non formale la violazione consistente nell'omessa dichiarazione annuale per investimenti e attività di natura finanziaria all'estero, prevista dall'articolo 4, comma 2, del Dl n. 167/1990 e sanzionata dal successivo articolo 5, comma 5, rispondendo all'esclusiva finalità di assicurare, tramite appunto l'obbligo di dichiarazione, il monitoraggio dei trasferimenti di valuta da e per l'estero, quali manifestazioni di capacità contributiva.
I giudici di piazza Cavour hanno precisato, infine, in tema di dichiarazione integrativa a seguito di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, che l'emendabilità della stessa, come regolata dal comma 8 dell'articolo 2 del Dpr n. 322/1998 nel testo ratione temporis vigente, non esclude l'applicazione delle sanzioni, pur restando ferma l'operatività del ravvedimento operoso (articolo 13, Dlgs n. 472/1997).
La vicenda e il ricorso in Cassazione
L'Amministrazione finanziaria ha notificato a un contribuente un atto, con il quale gli contestava le disponibilità finanziarie detenute nella Repubblica federale di Germania e non dichiarate opportunamente nella dichiarazione dei redditi del 2005, irrogando le relative sanzioni.
Il contribuente, dunque, ha proposto ricorso lamentando l'illegittima applicazione retroattiva di una norma sfavorevole: il raddoppio dei termini per l'accertamento (articolo 12, comma 2-ter, Dl 78/2009), che avrebbe potuto trovare applicazione solo per periodi di imposta successivi al 2009, anno di entrata in vigore dello stesso.
Inoltre, ha rappresentato di aver regolarizzato la propria posizione mediante la presentazione di una dichiarazione integrativa.
Dopo l'accoglimento del ricorso da parte del giudice tributario di primo grado, la Ctr di Milano ha accolto l'appello dell'ufficio.
Avverso tale pronuncia, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, al quale l'Amministrazione finanziaria ha resistito con controricorso.
La decisione della Corte
Chiamati a pronunciarsi definitivamente sulla controversia, i magistrati di piazza Cavour hanno ritenuto corrette le argomentazioni avanzate dall'Amministrazione.
La Corte di cassazione ha innanzitutto ricordato che la presunzione di evasione stabilita, con riguardo agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dal richiamato comma 2 dell'articolo 12, in vigore dal 1° luglio 2009, non ha natura procedimentale ma sostanziale – sia perché le norme in tema di presunzioni sono collocate, nel codice civile, tra quelle sostanziali, sia perché una diversa interpretazione potrebbe pregiudicare, in contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione, l'effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione – con la conseguenza che essa non ha efficacia retroattiva.
Viceversa, hanno proseguito i giudici capitolini, hanno natura procedimentale e non sostanziale e soggiacciono perciò al principio "tempus regit actum", le previsioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter del medesimo articolo 12, che raddoppiano, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla suddetta presunzione e quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni per l'omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all'estero, sicché esse si applicano anche per i periodi d'imposta precedenti alla loro entrata in vigore, quando venga in rilievo la sottrazione alla tassazione di redditi esportati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indipendentemente dalla applicabilità della presunzione legale di cui all'articolo 12, comma 2.
Nel caso in esame, avendo i commi 2-bis e 2-ter natura procedimentale, essi valgono anche per gli anni anteriori per i quali, invece, non è applicabile la presunzione legale di evasione di cui al comma 2, articolo 12, del Dl n. 78/2009. Da ciò deriva che per gli anni anteriori si applica la disciplina anteriore di cui all'articolo 6 del Dl n. 167/90.
E tale conclusione, ha sostenuto la Corte, non si pone in attrito con i principi costituzionali o sovranazionali.
Sulla violazione del principio comunitario di proporzionalità tra sanzione e violazione (articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell'Ue e articolo 7 Cedu, pur lamentata dal contribuente, la Corte di legittimità ha, infatti, ricordato che tali caratteri non sono in alcun modo ravvisabili nella disciplina italiana, ratione temporis applicabile, che prevedeva, per la violazione degli obblighi relativi al monitoraggio fiscale, una sanzione dal 5 al 25% dell'ammontare degli importi non dichiarati, sanzione peraltro, nel caso concreto, applicata nella misura minima.
Infine, i giudici romani hanno riaffermato il principio di diritto per cui la violazione consistente nell'omessa dichiarazione annuale per investimenti e attività di natura finanziaria all'estero, prevista dall'articolo 4, comma 2, del Dl n. 167/1990, sanzionata dal successivo articolo 5, comma 5 (nella formulazione temporalmente vigente), risponde all'esclusiva finalità di assicurare, tramite l'obbligo di dichiarazione, appunto, il monitoraggio dei trasferimenti di valuta da e per l'estero, quali manifestazioni di capacità contributiva (cfr Cassazione, pronunce nn. 1311/2018, e 27662/2020).
Per questi motivi, la Corte, reputando corretto l'operato dell'Amministrazione finanziaria, ha rigettato il ricorso della parte privata condannando il ricorrente anche al pagamento delle spese processuali.
Da Fisco Oggi