La corte di Cassazione ha emesso l'ordinanza n. 17946 del 1° giugno 2022 al termine di un iter processuale che aveva visto una società soccombente in entrambi i giudizi di merito a seguito di presentazione di ricorso avverso un avviso di accertamento con il quale l'ufficio aveva rideterminato il reddito d'impresa a seguito dell'omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per l'anno 2004.
La ricorrente impugna la decisione della Ctr del Piemonte affidando il ricorso in Cassazione a sette motivi di doglianza con i quali, in estrema sintesi, viene censurata la pronuncia di secondo grado sotto molteplici profili - formali e sostanziali:
- violazione delle norme in tema di sottoscrizione dell'avviso di accertamento da parte di soggetto privo di qualifica dirigenziale
- mancata redazione del processo verbale in esito al contraddittorio con l'ufficio e non rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni dalla chiusura della verifica
- omesso esame del divieto di integrazione della motivazione in sede di costituzione in giudizio dell'ufficio
- nel merito, inutilizzabilità dei valori Omi quali presupposti fondanti l'attività accertativa; assenza di elementi gravi, precisi e concordanti
- erronea fondatezza della pretesa fiscale in applicazione del valore normale del cespite immobiliare oggetto della vendita, inferiore al valore del mutuo
- inesatta applicazione delle sanzioni ivi irrogate in quanto la circostanza dell'omessa presentazione della dichiarazione dei redditi andava esclusivamente imputata alla condotta fraudolenta del consulente
- la ripresa a tassazione si fondava su presunzioni non accompagnate da palesi incongruenze rispetto i dati emersi dagli studi di settore.
La Cassazione, con l'ordinanza n.17946 del 1° giugno 2022, ha ritenuto infondati e/o inammissibili i motivi di ricorso rigettando l'impugnazione di controparte e condannandola al pagamento delle spese di giudizio in favore dell'Amministrazione finanziaria.
In via preliminare, gli Ermellini non hanno accolto le prodromiche eccezioni di carattere formale, in applicazione di consolidati principi giurisprudenziali, sostenendo che:
- l'atto impositivo risultava correttamente sottoscritto dal Capo team dell'ufficio con la conseguente corretta applicazione dell'articolo 42 del Dpr n.600/1973 in tema di delega di firma
- nel caso di specie, l'attività di controllo non aveva avuto quale fonte di innesco una verifica fiscale presso l'impresa né alcun accesso mirato ma si era concretizzata nella richiesta di informazioni a seguito di invio di questionario; sicché la ripresa era riconducibile ad una ipotesi di accertamento cosiddetta a tavolino con conseguente insussistenza di un obbligo generalizzato di redazione del processo verbale di constatazione (cfr Cassazione n. 16546/2018; vedi anche per una vicenda particolare Cassazione n. 12094/2019)
- non era dato rilevare alcuna integrazione del contenuto motivazionale dell'avviso di accertamento in sede giudiziale in quanto la Ctr aveva correttamente evidenziato che già nell'atto impugnato era stato indicato che i costi "non riguardavano la sola gestione dell'immobile ma anche altri oneri a base dell'accertamento qui contestato".
Passando all'esame del merito della contestata vicenda, i giudici di piazza Cavour hanno, al pari, disatteso le censure attoree in quanto la ripresa a tassazione dell'ufficio si è fondata su una molteplicità di elementi probatori (nel caso di specie, divergenza tra quanto dichiarato e mutuo stipulato; antieconomicità della gestione operante in perdita da numerosi anni) e non in via esclusiva sui parametri Omi; il tutto associato ad un'apprezzabile valutazione del contesto economico nel quale ha operato la società ricorrente (cfr ex multis Cassazione n. 24550/2020).
Trattandosi, come puntualmente deciso e confermato nei gradi di merito, di accertamento di tipo induttivo cosiddetto puro ex articolo 39, secondo comma, Dpr n. 600/1973 in ragione dell'omessa presentazione della dichiarazione, l'ufficio era legittimato all'utilizzo delle presunzioni cosiddette supersemplici ovverosia non connotate dai requisiti di gravità, precisione e concordanza ed all'impiego degli elementi derivanti dallo studio di settore (cfr sentenza Cassazione SS.UU. n. 26635/2009).
Secondo la Cassazione, poi, non si rileva alcuna omessa pronuncia da parte della Ctr in riferimento al contestato valore del mutuo in quanto i giudici di secondo grado hanno apertamente valutato che "l'Ufficio, unitamente agli altri elementi di valutazione, ha tenuto conto della differenza tra quanto dichiarato nella compravendita (€ 77.000,00) e quanto stipulato col mutuo relativo all'immobile (€ 85.000,00) ... pertanto di dati oggettivamente sostenibili nell'ambito delle presunzioni sopra richiamate".
Infine, i giudici di legittimità hanno rigettato la doglianza fondata sulla contestazione circa l'irrogazione delle sanzioni in quanto la Ctr ha, sul punto, fatto buon governo dei principi espressi in tema di sanzioni amministrative per violazioni tributarie in quanto, nel caso di specie, è stato evidenziato che "la denuncia querela contro la presunta responsabile del fatto non è sufficiente a coprire la responsabilità della contribuente che non ha svolto un minimo di attività di controllo sulle decisioni assunte in sua rappresentanza".
In particolare, soccorre, a tal proposito, il consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale "ai fini dell'esclusione di responsabilità per difetto dell'elemento soggettivo, grava sul contribuente ai sensi dell'art. 5 del DLgs. n. 472 del 1997 la prova dell'assenza assoluta di colpa, con conseguente esclusione della rilevabilità d'ufficio, occorrendo a tal fine la dimostrazione di versare in stato di ignoranza incolpevole, non superabile con l'uso dell'ordinaria diligenza" (cfr Cassazione nn. 12901/2019 e 2139/2020).
Nel caso in esame, essendo non contestata l'omessa presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del consulente incaricato, la Cassazione ha precisato che il contribuente non assolve agli obblighi tributari con il mero affidamento ad un commercialista del mandato a trasmettere la dichiarazione alla competente Agenzia delle entrate, essendo tenuto a vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto, sicché la sua responsabilità è esclusa solo in caso di comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento (cfr Cassazione n. 11832/2016; vedi da ultimo Cassazione n. 19422/2018). da fisco oggi.