Operazione soggettivamente falsa, il solo pagamento non è garanzia

05.05.2025

La regolarità formale e sostanziale dei pagamenti non prova l'esistenza delle operazioni. Il pagamento delle fatture è elemento coessenziale al meccanismo dell'illecito. Ad affermarlo la Cassazione, che con l'ordinanza n. 8130/2025 del 27 marzo 2025, è intervenuta nuovamente sull'onere della prova relativo alla fatturazione di operazioni soggettivamente inesistenti.

La questione della pronuncia in commento scaturisce da un avviso di accertamento dell'Agenzia delle entrate nei confronti di una Srl fondato sul disconoscimento di costi, relativi a operazioni ritenute soggettivamente inesistenti.

Il contribuente vedeva riconosciute le proprie ragioni nei primi due gradi di giudizio, nei quali aveva dedotto il reale avvenimento delle operazioni commerciali sulla scorta dei pagamenti effettuati con strumenti tracciabili, e la mancata prova da parte dell'Amministrazione sulla consapevolezza da parte del contribuente dell'inesistenza del fornitore.

L'Agenzia delle entrate affidava all'Avvocatura generale dello Stato la proposizione del ricorso per Cassazione, investendo i giudici di legittimità del tema inerente all'onere della prova sull'inesistenza soggettiva delle operazioni e, nello specifico, sulla valutazione degli elementi indiziari.

Vale la pena ricordare che ci si riferisce a un'operazione oggettivamente inesistente quando la stessa non si è mai verificata, mentre si parla di soggettiva inesistenza dell'operazione quando la stessa è stata sì attuata, ma tra soggetti diversi rispetto a quelli indicati nel documento fiscale.

La differenza tra fatturazione per operazioni oggettivamente inesistenti e operazioni soggettivamente inesistenti assume rilievo in riferimento alla deduzione dei costi e alla detrazione dell'imposta sul valore aggiunto, nonché sul riparto e sulle modalità dell'onere probatorio.

Un'operazione oggettivamente inesistente, in quanto mai verificatasi nella realtà, non dà diritto al soggetto che riceve la fattura né alla deduzione del costo ai fini delle imposte dirette né alla detrazione dell'Iva; mentre il dante causa è comunque tenuto al pagamento dell'imposta sul valore aggiunto in ragione del principio di documentazione che regge il Dpr n. 633/1972 (decreto Iva), per cui l'esigibilità dell'imposta è fondata sull'emissione e registrazione del documento fiscale.

Nelle ipotesi di inesistenza oggettiva, dunque, al debito d'imposta dell'emittente non corrisponde il diritto alla detrazione dell'acquirente perché l'operazione non si è mai realizzata.

Nelle ipotesi di inesistenza soggettiva, invece, il soggetto passivo della fattura può dedurre il costo ivi indicato, in quanto l'operazione si è effettivamente realizzata, ma non può detrarre l'Iva in quanto la disciplina prevede che essa spetti solo se effettivamente assolta o dovuta sugli acquisti e, come più volte affermato dalla Corte di cassazione, il contribuente non può detrarre l'Iva quando, pur avendo realmente acquistato beni e, quindi sostenuto costi, lo ha fatto da una cartiera anziché dal reale fornitore; in sostanza, l'identificazione del reale fornitore giustifica o meno l'inerenza dell'acquisto all'attività dell'impresa ed il correlato diritto alla detrazione.

Quanto all'onere probatorio, in riferimento alle operazioni oggettivamente inesistenti è onere dell'Amministrazione finanziaria provare, anche in via indiziaria, l'inesistenza dell'operazione in ragione di taluni elementi che tendono a escludere che il soggetto emittente la fattura abbia potuto materialmente ed effettivamente eseguire l'operazione ad essa sottesa, quali, ad esempio, l'assenza di una struttura organizzativa e di personale dipendente, la mancanza di locali e mezzi per eseguire l'attività, gravi e reiterate omissioni contabili, dichiarative, e di assolvimento agli obblighi fiscali.

In riferimento alle operazioni soggettivamente inesistenti è invece richiesto all'ente impositore di dare prova anche, in via indiziaria, dell'elemento soggettivo sull'acquisto dei beni da parte di una cartiera invece che dal reale fornitore.

È proprio sulla prova dell'elemento soggettivo che interviene la pronuncia in commento partendo da una disamina della giurisprudenza nazionale e sovranazionale.

I giudici "unionali" in diverse occasioni hanno sentenziato che l'Amministrazione è tenuta a provare che il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere che la cessione si inseriva in un'evasione, ma non anche che il cliente avesse partecipato all'evasione stessa.

La Corte di cassazione, anche in ricezione dei principi giurisprudenziali sovranazionali, ha statuito, in diverse occasioni, che l'ente impositore deve provare non solo la fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario dell'operazione che la stessa si inseriva in un'evasione dell'imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, che il contribuente era a conoscenza o avrebbe dovuto esserlo usando l'ordinaria diligenza, in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza dell'altro contraente, sulla scorta di indizi che avrebbero posto in avviso qualunque imprenditore onesto ed esperto che l'operazione si inseriva in un'evasione fiscale. Anche la prossimità tra i soggetti, in ragioni di questioni geografiche o per via della ripetitività dei rapporti, può essere addotto quale elemento presuntivo sulla consapevolezza o sull'inconsapevolezza colpevole del cliente.

Dall'altro lato, invece, il contribuente è tenuto a provare di aver adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e proporzionalità, in rapporto alle circostanze concrete di spazio e di tempo, non assumendo rilievo la mancanza di benefici correlati alla rivendita delle merci né la regolarità dei pagamenti in quanto quest'ultimo costituisce proprio uno degli elementi materiali della frode.

La Corte di cassazione, dunque, nel caso in commento, ha cassato con rinvio la sentenza, in quanto il giudice di secondo grado nella valutazione degli elementi indiziari a sua disposizione non ha fatto buon governo dell'articolo 2729 del codice civile sulla valutazione complessiva degli elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, in quanto ha attribuito "deciso rilievo a elementi, quali la regolarità formale di fatture e pagamenti, che ne sono pacificamente privi (come ampiamente argomentato sopra Ndr), essendo anzi coessenziali al meccanismo illecito"