L'atto con il quale si cede una partecipazione sociale in cambio di una prestazione di assistenza a favore del cedente delle quote sociali, sconta l'imposta di registro con l'aliquota del 3 per cento. La base imponibile è costituita dal valore della prestazione di assistenza.
Questo principio è stato affermato dalla Corte di cassazione con l'ordinanza n. 17283 del 17 giugno 2021.
Il caso esaminato dalla suprema Corte ha riguardato un atto, con il quale una persona fisica aveva ceduto una partecipazione sociale per il corrispettivo di un milione di euro. Nello stesso atto, però, le parti avevano sostituito l'obbligo del pagamento del prezzo con l'obbligo, a carico dell'acquirente, di compiere, verso il cedente, tutte le prestazioni assistenziali indicate nel contratto.
In sede di registrazione, il notaio aveva applicato l'imposta di registro in misura fissa, prevista, per la cessione di partecipazioni sociali, dall'articolo 11 della tariffa, parte prima, allegata al Testo unico sull'imposta di registro (Dpr n. 131/1986).
In seguito al controllo della tassazione, l'ufficio territoriale presso il quale è stato registrato l'atto, ha emesso un avviso di liquidazione, applicando l'imposta di registro con l'aliquota del 3% richiamando l'articolo 43, primo comma, lettera c) dello stesso Dpr.
Questa norma prevede che per i contratti che importano l'assunzione di un'obbligazione di fare in corrispettivo della cessione di un bene, la base imponibile è costituita "...dal valore del bene ceduto o della prestazione che dà luogo all'applicazione della maggiore imposta".
L'ufficio ha confrontato la tassazione che sarebbe derivata da ciascuna delle due disposizioni contenute in atto e cioè:
- imposta di 168 euro prevista, all'epoca della stipula dell'atto, per gli atti di cessione di quote sociali (articolo 11 Tariffa, parte prima, Dpr n. 131/1986)
- imposta di 30mila euro derivante dall'applicazione dell'aliquota del 3% (articolo 9, stessa Tariffa) sul valore della prestazione di assistenza.
Sulla base del citato articolo 43 del Tut, l'ufficio ha quindi, applicato l'imposta soltanto sulla disposizione che generava la tassazione più elevata, vale a dire sulla disposizione relativa alla prestazione di assistenza.
È stato emesso, pertanto, un avviso di liquidazione per l'importo di 28.832 euro, scomputando l'imposta fissa di 168 euro già versata in sede di registrazione.
Il ricorso del notaio è stato accolto dalla Ctp di Brescia (sentenza n. 77/2012). La Ctr della Lombardia (sentenza n. 4111/2014) e la Corte di cassazione, con l'ordinanza in commento, hanno, invece ritenuto corretto l'avviso di liquidazione emesso dall'ufficio.
In particolare, nella motivazione dell'ordinanza 17283/2021, è stato richiamato l'articolo 21 del Tur. Tale norma disciplina l'applicazione dell'imposta di registro per gli atti che contengono più disposizioni stabilendo le seguenti regole:
- se le disposizioni non derivano necessariamente, per loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta ad autonoma tassazione
- se le disposizioni derivano necessariamente le une dalle altre, l'imposta si applica come se l'atto contenesse solo la disposizione che dà luogo alla tassazione più onerosa.
I giudici di legittimità hanno, innanzitutto, ribadito che "...affinchè sia configurabile il rapporto di reciproca derivazione tra più disposizioni contenute nel medesimo atto, che ai sensi dell'art. 21, secondo comma, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, consente eccezionalmente di applicare l'imposta come se l'atto contenesse la sola disposizione che dà luogo all'imposizione più onerosa, occorre che la volontà della legge o l'intrinseca natura delle singole disposizioni determinino tra le stesse un rapporto dì connessione oggettiva, necessaria ed inscindibile, non risultando sufficiente che tale rapporto trovi origine nella volontà delle parti".
In relazione al caso concreto, hanno ritenuto che le due disposizioni contenute nell'atto (cessione di partecipazione societaria e prestazione di assistenza) fossero tra loro inscindibili, in quanto rette da un'unica causa.
L'unicità della causa, però, non implicava che la tassazione dovesse essere effettuata solo sul negozio relativo alla cessione della partecipazione sociale.
Per effetto del richiamato secondo comma dell'articolo 21 del Tur l'unicità della causa delle diverse disposizioni contenute nello stesso atto, implicava che la tassazione dovesse essere effettuata solo sulla disposizione che produceva il maggior gettito fiscale.
Nel caso in esame, pertanto, la Corte di cassazione ha ritenuto corretta la tassazione della sola prestazione di assistenza, conformemente a quanto operato dall'ufficio in sede di controllo della tassazione dell'atto. fisco oggi